
Il quinto elemento (1997)
Regia: Luc Besson
Interpreti: Bruce Willis, Gary Oldman, Milla Jovovich, Chris Tucker
Siamo nel 2214, e tanto per cambiare la Terra è sull’orlo del baratro. Questa volta però la minaccia è esterna, un’ inquietante presenza aliena, che torna dal passato, si avvicina pericolosamente, e niente e nessuno sembra in grado di fermare la minaccia. Nessuno, tranne ovviamente il Quinto Elemento: il problema è trovarlo, anzi, trovarla.
Il plot c’è, anche se emerge da un caleidoscopio di citazioni dai film di genere (fantascienza), che non tutti i non amatori ricordano: il tassista Dallas (Bruce Willis) arriva fresco fresco dal primo strip di Heavy Metal (anche se lì era un cartone animato); il cinese (anche se annunciato come thailandese) dello street food volante è cugino dei colleghi di Blade Runner di Ridley Scott, rivisti poi – sinceramente italianizzati – in Nirvana di Salvatore …insomma frammenti di ambientazione inevitabilmente familiari, perché il cinema fantastico in questo momento manca un po’ di respiro, di intuizione, a meno di non considerare tali i vari Giurassici di Spielberg (ancora meglio confezionati, ma ancora più poveri di slancio).
La più bella intuizione, anche se non valorizzata al suo meglio, è quella della città volante, un aggregato caotico di grattacieli apparentemente senza più radici a terra, che disegnano una geografia dell’assenza di natura, suolo, paesaggio.
Siamo un po’ ai limiti del fumettone (o bellamente oltre, quei limiti), ma le sequenze di inseguimento con la polizia, con il tuffo trasversale nel traffico isterico e psichedelico di macchinotte volanti - uscite dalle pagine di “Buck Rogers” o “Flash” - un po’ mozza il fiato e un po’ ci racconta una città frenetica e disumana, snaturalizzata, in cui la polizia è sempre un po’ arrogante e un po’ stupida, come la polizia di certi film on the road e un po’ blasé, dove il contatto umano, la parola, il gesto, lasciano il posto a numeri e computer e case pieghevoli, dove gli ‘ospiti’ nascosti nel frigorifero, nel letto automatico o nella doccia a scomparsa subiscono - strappandoci un sorriso - miserevoli sorti.
La più bella intuizione del film è non puntare tutto sull’ingombrante action man, il classico Bruce Willis, peraltro molto a suo agio nelle scene d’azione (belle e originali), ma di giocare con i personaggi e le loro disavventure, prendendoli in giro e scanzonandoli: questo è anche un film divertente, anzi è soprattutto un film divertente, in cui la primadonna assoluta di tutto il secondo tempo è il conduttore Rob Roy, caricatura grottesca di se stesso, un divertentissimo Chris Tucker (sì, lo stesso che fa la sua comparsata ne Il lato positivo) e perfino un supercattivo come Jean Baptiste Emanuel Zorg (un metamorfico Gary Oldman), alle prese con i brutali e imbranati mercenari Mangalores, non riesce a non far ridere.
Ancora oggi, a parte il fascino imperituro di Milla Jovovich (Leeloo), il film diverte ancora e ‘tiene’ anche a distanza di tanti anni (A.D. 1997) grazie alla capacità di mettere insieme registri così diversi, dall’action movie alla fantascienza passando per il comedy, senza perdersi nei dettagli e saltando a piè pari qualunque imbarazzo.
Il pubblico ringrazia