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Gabriella Aguzzi Capo Redattore

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Io sono l'abisso

18/12/2022

Donato Carrisi è il mastermind dietro l’italianissimo thriller psicologico oggetto di questa analisi, nel senso che ha molto a che fare con la psiche malata dell’omicida seriale, l’uomo che pulisce, e quella ferita della ricca adolescente, la ragazzina dal ciuffo viola: non a caso, i due protagonisti, cui si aggiunge la cacciatrice di mosche in cerca di una sorta di vendetta personale mascherata da attivismo civile che s’intreccia con le indagini ufficiali sulle donne scomparse, essi non hanno un nome, IO SONO L’ABISSO, quindi non posso (e non voglio) avere un nome proprio, con l’aggiunta di un corollario proveniente da una missiva ufficiale lasciataci sui sedili della sala dallo scrittore, in cui si pregano i recensori letteralmente di “non divulgare i nomi degli attori […], frutto di una precisa scelta artistica, […atta a] spersonalizzare completamente i protagonisti della storia”. Su quest’abisso s’apre uno squarcio che viene rappresentato prima nel libro e poi nel film, entrambi firmati da Carrisi, sdoppiatosi anche lui, come lo psicolabile violento uscito dalla sua penna e ripreso dalla sue lenti professionali in due ruoli, i cui rispettivi risultati artistici vengono però a convergere più di quel che accada sovente con le trasposizioni cinematografiche, per intuibili motivi.

Effettivamente qualche differenza tra il romanzo, gentilmente donatoci in sede d’anteprima, e il lungometraggio sussistono, l’autore ha smussato la strana storia di empatia fra il killer-bambino troppo cresciuto e la poco più che bambina vessata e maltrattata da un’alta società ricca di vuoto, vizi e vizietti truci e, al contempo, ha corretto il tiro su coincidenze un po’ troppo inverosimili rendendole più fruibili ai cinefili, ma al contempo meno credibili prendendo in considerazione il profilo così meticoloso dell’apparentemente stupido mostro, che è presentato anche nella veste violenta del suo alter ego Micky come attentissimo al più piccolo dettaglio che possa far scoprire la sua passione per il sangue. Notare il caso del sacchetto e non dico altro.

Il luogo in cui si svolgono le terribili vicende è il “ridente” lago di Como, cattive acque in tutti i sensi, con vortici, correnti e fondali limacciosi che ben si prestano all’occultamento di cadaveri e a chi ha voglia di farla finita con una vita infame, circondate però da un tenore di vita lumbard generalmente d’alto bordo, ma sono proprio le eccezioni socio-economiche di quella agiata parte d’Italia che costituiscono il terreno di caccia del pazzo (ma con una certa lucidità nel modus operandi) omicida.

La vittima principale dell’arco di tempo coperto dalla pellicola abita al civico 23, che il nostro artista s’intenda anche di numerologia?! In ogni caso “la spazzatura non mente” e l’attempata bionda deve vivere sola, quindi “la paura non serve, perché non mi salverà” si dice l’uomo che pulisce tra sé e sé (cioè fra sé e Micky, al di là dell’enigmatica porta dipinta di verde del suo appartamento). Continua ricordando il passato: “Le botte non rendono le persone docili, ma pigre” affrontando così uno dei temi del film, la violenza sui minori che trasmuta in violenza sulle donne e viene a galla anche come revenge porn, o meglio una forma ancora più subdola e malvagia che definirei blackmail porn, utilizzato su una minorenne, peraltro.

Bellissima la scena dell’abbraccio dei coniugi emeriti, la cacciatrice di mosche e il prof, allontanatisi a causa di un fattaccio affine a quelli narrati e residente in un passato che non vuole passare, come d’altronde quello ambiguissimo fra Fuc (dall’adesivo con su scritto “FUCK” della ragazzina dal ciuffo viola) e l’uomo che pulisce/Micky che si conclude traumaticamente in maniera non proprio convincente data l’estrema vicinanza della presunta vittima.

Non voglio rivelare altro su questo film che riesce a tirar su le sorti di un cinema italiano ormai scontato, pieno di luoghi comuni e risate per depensanti. Ci voleva un mostro bicefalo con penna in una mano e una cinepresa nell’altra per rendere il thriller un genere appassionante anche nelle sale del nostro Paese.

VOTO: 7,5

Fabio Giagnoni