Quando Visconti sognava Proust

14/11/2013

Quando nel ‘98 vi furono le manifestazioni per il 75° anniversario della morte di Marcel Proust, la città di Liegi, tra le varie iniziative, propose una mostra con le foto scattate da Claude Schwartz sulle location del film che Luchino Visconti avrebbe voluto trarre dalla “Ricerca del tempo perduto”. Purtroppo queste foto, qualche brano d’intervista in cui Visconti parla del progetto (Alain Delon avrebbe dovuto esserne protagonista), e un pezzo di sceneggiatura (il bellissimo episodio della Lanterna Magica) sono tutto ciò che ci resta dell’unico film che si sarebbe potuto realizzare dal capolavoro proustiano. Si sa: la “Recherche” è un libro infilmabile. Chi ci ha provato ha dovuto rinunciarvi o ha raggiunto risultati sconfortanti, a meno di non voler considerare “C’era una volta in America” un suo libero adattamento.
Ma il grande Luchino avrebbe potuto farne qualcosa di buono, perché i punti di contatto tra i due artisti sono molteplici. “Ebbene sì, sono un decadente”, aveva un giorno dichiarato con malcelato orgoglio Visconti a proposito della sua scelta di metter in immagini “L’innocente” di D’Annunzio.
I suoi film, dal “Gattopardo” alla “Caduta degli dei” fino a “Gruppo di famiglia in un interno”, parlano della fine di un’epoca e di una società; dal decadente Thomas Mann di “La morte a Venezia” ha tratto la sua pellicola capolavoro; ma non è tutto qui. Ci sono alter coincidenze.
Una passa proprio per Mann: l’altro sogno irrealizzato di Visconti era attorno ad un altro libro infilmabile, “La montagna incantata”; Mann scrive la sua pietra miliare contemporaneamente a Proust ed entrambi usano l’immagine del sanatorio come simbolo della vita (anche se in Mann è una figura centrale,mentre Proust vi accenna solo come ulteriore spiraglio autobiografico).
E poi: Visconti appartenne al mondo dei Guermantes (St. Loup addirittura assomiglia fisicamente al giovane Luchino); Visconti ama la pittura, come Proust; Visconti ama Venezia, come Proust; Visconti ama i cavalli, come Proust; Visconti ama la musica, come Proust; Visconti ama anche i ragazzi, come Proust. Non conosciamo i gusti alimentari di Visconti, ma non ci stupiremmo di scoprire che era un raffinato gourmand, come Proust.
Insomma, il piccolo borghese di Auteil ha coltivato un gusto, un ideale, un mondo che già sapeva finire al quale il cineasta milanese apparteneva per diritto di nascita: e se il Marcel fittizio muore disvelandone i limiti e gli illusionismi, forse il Marcel reale muore per non vederne la fine ed evitando d’assistere alla salita al potere dei nazisti. Visconti può invece testimoniare tutto ciò. Ed è forse per questo che non riesce a realizzare il suo progetto: le previsioni proustiane si sono rivelate troppo tragicamente reali.

Elena Aguzzi