Un titolo che riassume anche tutta la motivazione: del prequel, uscito nel 1982 a suggello del successo della serie manga omonima, grande successo degli ultimi anni settanta, e di una rivisitazione pubblica (raduno al Cinema il 20.21 e 22 maggio), e personale (di chi scrive), come ex-adolescente di ritorno.
La rimpatriata non è mai facile, tornare al passato, al mondo giovanile/adolescenziale che non c’è più è in partenza una mission impossible, perché con quel mondo, in questo caso il mondo dei manga super eroici/tecnologici, se n’è andato lo sguardo affascinato che avevamo sul nuovo, rappresentato da quei ‘cartoni’ così esotici, ben diversi dalla nostra usuale dieta a base di Pantera Rosa e mondo Lonely Toons: questi esploravano la quotidianità antropomorfica e comica di un mondo animale che rifletteva vizi e manie del nostro vivere, quelli ci portavano invece in una dimensione eroica e trionfale.
Ma c’è un altro dato, che va tenuto presente: la tivvù a colori. Harlock arriva in Italia nel 1979, il colore televisivo lo precede di soli di due anni:
[…] 1 febbraio 1977: Nicoletta Orsomando alle 19.20 sulla Rete Uno e Rosanna Vaudetti alle 19.10 sulla Rete Due inaugurano l'inizio della regolare programmazione televisiva a colori, per il momento consentita per sole 42 ore settimanali, 6 al giorno, 3 per ognuna delle due reti.
Metteteci un anno di ‘normalizzazione’ della tecnologia, e un altro anno per una diffusione un minimo capillare dei nuovi tv-color nelle famiglie, ed avete il prodotto giusto al momento giusto: i manga giapponesi – moltissimi della prolifica Toei, tra cui il Nostro - sono arrivati in Italia trovando terreno fertile nelle schiere di baby-boomers, appena impadronitisi della nuova tecnologia. Ed è stato un amore a prima vista, e di quelli che durano: per chi non lo sapesse non una, ma numerose cover band, e non solo nei pub qui a Roma, prosperano in serate affollate (con cori clamorosi) grazie a repertorio e mise en scene più che ispirati alle sigle di quelle serie, provare per credere.
Sociologia a parte, torniamo al film: visto con gli occhi di oggi ovviamente fa un effetto diverso. Lento, statico, retorico, ovviamente limitato nella grafica (ma lo sono, a loro modo, anche i film di Miyazaki – anche lui transitato alla Toei - con tutt’altra poesia, però), pur avendo un plot più che valido arranca un po’: per i dialoghi, spesso retorici, sopra le righe, non supportati dall’azione; e per le lunghe, immutabili pause nell’azione. In sintesi: le idee c’erano sono (e restano), sia nella narrazione che nel linguaggio visivo, ma i limiti dell’animazione dell’epoca si vedono tutti.
Ciò detto, la riproposizione di questo titolo è ovviamente (e sfacciatamente) un’operazione-nostalgia, che rischia però, rivolta a noi boomers, di rivelarsi un boomerang (sic): perché se una ‘cartolina’ dalla nostra infanzia può strapparci un sospiro di rimpianto, centotrenta minuti di ‘Arcadia’ sono un po’ lunghi da digerire.
Voto: 6,5
Davide Benedetto