Coup de Chance

18/09/2023

di Woody Allen
con: Lou de Laâge, Melvil Poupaud, Elsa Zylberstein, Niels Schneider

Le dicerie comuni vogliono che Woody Allen non azzecchi un film da almeno venticinque anni. Eppure, ogni nuovo film viene esaltato come un “ritorno ai tempi d’oro”. È difficile parlare di innovazioni nelle storie e nelle tematiche affrontate dal regista newyorkese. È innegabile che vi sia un utilizzo continuo delle medesime strutture narrative. Tuttavia, ciò che contraddistingue la qualità del cinema di Allen è il perfetto equilibrio tra il comparto visivo-artistico, lo spiccato gusto cinematografico e la sorprendente capacità di cambiare abito ai temi trattati, nella solita mescolanza tra commedia e malinconia. Che sia l’intellettualismo universitario di “Un giorno di pioggia a New York” o l’immersione nell’atmosfera fantastico-nostalgica di “Wonder Wheel”, quel miscuglio tra tagli di colori accesi e colonna sonora jazz riescono puntualmente ad accrescere la voglia di abitare (magari per un breve periodo) nel luogo di ambientazione del film di turno e vivere le avventure dei personaggi.

Siamo a Parigi. La storia si apre con l’incontro fortuito in strada tra Alain e Fanny, ex compagni di liceo. Tra i due si sviluppa un’attrazione reciproca, bloccata dal fatto che Fanny è sposata con Jean, un facoltoso uomo d’affari con qualche inquietante scheletro nell’armadio. Classico triangolo sentimentale à la Allen, classico tema dell’antitesi fra la fredda calcolazione affaristica borghese e l’amore per l’arte e la vita bohemienne. Fanny ribolle di voglia di ribellione e autenticità, apparentemente soffocata dall’attuale vita che sta intraprendendo, imprigionata dalla noia e dalla mediocrità intellettuale delle persone da cui è circondata per volere del marito. Alain è uno scrittore, un’anima libera che passeggia per una Parigi squisitamente romantizzata. Jean sembra essere interessato più alla reputazione e al mostrare la bellissima moglie come un trofeo, pur essendo realmente innamorato di lei. È appassionato di modellini di treni, simbolo della sua mania per il controllo assoluto, e possiede una credibilità basata unicamente sul proprio successo economico.

Ogni personalità del film viene dominata dallo stesso fenomeno incontrollabile, che è anche elemento centrale del titolo del film: la fortuna. Trovarsi al posto giusto, al momento giusto, è immensamente più importante delle abilità e della purezza d’animo di ogni individuo. In questo senso (e in quelli che saranno gli sviluppi principali della trama), Allen sembra rifarsi prepotentemente a “Match Point”. Qui, però, si aggiunge un tono maggiormente spensierato e caldo, ottenuto attraverso un utilizzo insistito del giallo, il quale intensifica l’atmosfera prettamente autunnale della pellicola ambientata in parte in campagna, e la solita fondamentale attenzione al comparto musicale. 

La sceneggiatura, invece, è marcata da una minore presenza di gag o battute. Il film, pur essendo una commedia, non è eccessivamente comico, ma è pervaso dalla solita brillantezza leggera, abile a trattare con un sorriso argomenti quali l’inutilità e mancanza di senso dell’esistenza, la fredda indifferenza del cosmo, la coincidenza, la purezza dei sentimenti. Il tutto macchiato da una piccola componente nera, un ingrediente acre e maligno che interrompe l’idillio romantico alla base della sinossi, dove i puri di cuore non riescono a essere per sempre felici e contenti, ma anche i “villain” devono assumersi delle responsabilità pesanti.

Alla fine, di nuovo e come sempre, è la città ad essere guardiano delle vicende dei piccoli individui, che si muovono come formiche in questo labirinto metropolitano. Dodici anni dopo “Midnight in Paris”, Parigi torna a essere la città di Allen oltreoceano. Un rifugio sicuro in cui poter lavorare, senza essere disturbato da vicende extra-cinema. 

Una città senza tempo, come il cinema del maestro, in grado come nessun altro di essere al contempo Bergman e Lubitsch.

Voto: 7,5

Edoardo Cappelli