Dogman

25/09/2023

di Luc Besson
con: Caleb Landry Jones, Christopher Denham, Marisa Berenson, Michael Garza, Jojo T. Gibbs

Dogman di Luc Besson, presentato in Concorso alla ’80 Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia,  è stato una delle sorprese di tutto il Festival.

Il film narra di Douglas, che ha il volto e l’anima di un indimenticabile Caleb Landry Jones, un uomo tormentato da un passato fatto di abusi, violenza e follia nell’ambito famigliare, costretto sulla sedia a rotelle, vestito da drag queen, che viene arrestato dopo un drammatico incidente…

Il misterioso uomo  è sottoposto a valutazione psichiatrica e da questo momento ha inizio veramente il film attraverso un lungo flashback tormentatamente onirico immerso in noir psichedelico nero come la notte…

L’ex enfant-prodige dell’action-movie d’autore del cinema francese, dopo una lunga serie di film tutto sommato trascurabili, torna con un film potente, adrenalinico ed emozionante giocando con diversi generi spaziando dall’action-movie, al romanzo di formazione al serial killer movie, il tutto condito magistralmente con citazioni letterarie e fumettistiche.

Ma l’impegno registica dell’ottimo Luc Besson è tratteggiare il ritratto umano di un personaggio estremamente complicato, dalle mille sfaccettature a tratti addirittura commovente attraverso un percorso di riscatto per certi versi salvifico….

Ammetto di aver un debole per il cinema di Luc Besson nonostante battute d’arresto abbastanza incomprensibili come Il Quinto Elemento o Giovanna d’Arco anche se sinceramente non son privi di un certo fascino,  ma i suoi Nikita e Leon restano capolavori assoluti. 

Voto: 7,5

Ettore Calvello

Grazie all’interpretazione eccezionale di Caleb Landry Jones (Douglas adulto), su registri che spesso ricordano il compianto Philip Seymour Hoffman, Dogman è un film che toglie il fiato, di quelli che, quando li vedi, non c’è spazio per nient’altro, dall’inizio alla fine. Costruito sul racconto di un’infanzia di violenza e sopraffazione, il protagonista (Douglas) è una miscela magicamente credibile, e affascinante, di poesia, religiosità e violenza. (Quasi) bloccato sulla sedia a rotelle, ma tutt’altro che inerme o rinunciatario, Douglas raccoglie attorno a sé cani di tutte le razze e tutte le taglie, facendone una comunità perfettamente integrata e intelligente, in grado di capirlo, proteggerlo e, appena possibile vendicarlo, con una naturale violenza incolpevole e quasi bonaria. 

La forza narrativa del film nasce così dall’intreccio dei contrasti che si intrecciano in Douglas, e che lo rendono – solo in apparenza paradossalmente – credibile e dinamico, personaggio in cui convivono una malinconica bellezza e la violenza del ‘branco’ di cui è l’Alfa; una genuina religiosità e l’amaro disincanto verso la vita e gli uomini; una vita di profonda solitudine, conservando però la capacità di empatizzare totalmente con la psicologa che lo assiste, finendo per mettere lei davanti al proprio dolore. E infine la rigidità meccanica della sua condizione – esemplificata ed esaltata dai tutori meccanici e brutali, contrapposta al suo trasformismo perfettamente fluido che gli permette di ‘diventare’ volta per volta Edit Piaf, Marlene Dietrich, Marilyn Monroe. 

Sin da subito il gioco narrativo diventa quello di alternare il racconto di Douglas nella sua cella – che è quasi una riflessione esistenziale, in realtà - con il tessuto eccessivo e violento di ciò che succede (e che è successo) fuori da quella cella, in un ‘altrove’ che è in realtà un ‘prima’. 

Per tenere insieme tutto questo – e molto di più - ci vogliono (e ci sono) uno script solido e senza smagliature, che non trascura nessun dettaglio in un gioco attento di rimandi, e soprattutto un’interpretazione – quella di un Caleb Landry Jones in stato di grazia - che non è camaleontica, ma poliedrica, sfaccettata. E sempre, sempre, sempre misurata: fino a rendere credibile l’incredibile, appunto. 

Assolutamente da non perdere 

Voto: 8,5

Davide Benedetto