
L'imprevedibile (come lo sa essere la vita di ciascun essere vivente) viaggio di Harold Fry è il titolo del film della regista Hettie Macdonald che trae ispirazione dall'omonimo romanzo di Rachel Joyce.
Perchè andare al cinema a vedere questo film? Innanzitutto per i due attori protagonisti: Jim Broadbent, dall'espressione sorniona e disincantata del "vicino della porta accanto" che potrà sorprenderci se sapremo andare oltre l'apparenza e Penelope Wilton (Maureen Fry, moglie di Harold) che, al contrario, veste i panni di chi affronta con rigida e inflessibile razionalità ciò che fa parte della quotidianità.
Trait d'union tra loro e di tutta la narrazione è la lettera spedita ad Harold da una sua "amica-ex collega" Queenie Hennessy (interpretata da Linda Basset) con cui la stessa annuncia di avere una malattia inguaribile e di essere ad uno stadio terminale.
"Nella fine è il mio principio" vale più che mai a sottolineare il viaggio di Harold, folgorato dalle parole pronunciate dagli esseri umani che incontra e che paradossalmente si "ferma" ad ascoltare.
Nessuno dei due coniugi è arrivato a guardarsi dentro fino al punto di accettarsi e accettare l'imprevedibile tragica perdita del figlio. Vivono insieme, ma è come se le loro esistenze viaggiassero su binari paralleli, dove si allunga la distanza fisica ed i punti di vista dell'uno e dell'altra. Il silenzio e il vuoto tra loro sono riempiti dalle tante faccende che giorno dopo giorno li occupano, così come accade a ciascuno di noi che, senza rendercene conto, quasi per inerzia attraversiamo il tempo e lo spazio circostanti. Qui gli spazi sono immensi e vasti, rappresentati dai verdi paesaggi inglesi, che si snodano dal Devon a Berwick-Upon-Tweed. Sembra di respirare un'aria diversa ad Harold che ogni volta si affaccia con occhi pieni di stupore al nuovo villaggio che deve attraversare (non sarà un caso che la regista ha preso parte anche alla regia di alcuni episodi della serie "Miss Marple") nel suo pellegrinaggio che lo porterà a destinazione, ovvero all' hospice dove è ricoverata in fin di vita la sua amica-ex collega Queenie. Il paesaggio inglese regala scorci poetici che fanno da corollario al movimento lento scandito da silenzi e domande retoriche.
Il "Viaggio" di Harold è una sorta di metafora di un peregrinare alla ricerca delle verità taciute lungo la sua esistenza e racchiuse dentro se stesso. E finalmente arrivato a destinazione, egli se ne "libera" urlandole al mondo, quasi come se ne avesse preso coscienza solo in quel momento, quando la luce filtra nelle crepe della sua esistenza e di tanti altri incontrati lungo il pellegrinaggio che si compie. Chissà perché non apprezziamo mai abbastanza le cose semplici e i gesti che sono parte della vita di tutti i giorni, le uniche in grado di metterci alla prova e stupirci di fronte alla complessità della vita?
Non c'è nulla alla fine che si può dare per scontato, tantomeno i sentimenti.
Voto: 7
Ivana Tedeschi