“Veleno” e “Lo Sposo può baciare lo Sposo”

29/04/2015

Sono passati diversi lustri da quando Il vizietto, commedia di Poieret prima e film di Molinaro poi, ha rappresentato la quotidianità di una coppia gay indirizzandosi ad un pubblico non di nicchia. Con Tognazzi-Serrault, anche la casalinga di Voghera ha intuito che dentro le mura di Sodoma e Gomorra, spesso, si cela una normalissima, banalissima, coppia di innamorati.
Da La cage aux folles (titolo originale de Il vizietto) ad oggi, molti titoli sono stati prodotti; solo nelle ultime settimane abbiamo potuto vedere al cinema Latin Lover, di Cristina Comencini, Una nuova amica, di François Ozon, e Non c'è due senza te, di Massimo Cappelli, con Fabio Troiano e Dino Abbrescia macchiettistici, purtroppo filtrati da un certo maschilismo italico (e nulla è cambiato dal 2009, quando gli stessi erano sempre in coppia per il film di Zalone, Cado dalle nubi). Il piccolo schermo non ha voluto perdere il trand, per cui su Rai Uno è approdata Ragion di Stato, una serie homeland wannabe all'italiana, con coppia lesbo in divisa; Italia Uno ha risposto con Gotham e, soprattutto, con una serie di supereroi dal protagonista gay, The Flash, mentre Fox ha optato per Le regole del delitto perfetto e The Royal, col principe Cyrus bisex.
Probabilmente in Italia si avverte una certa urgenza di alfabetizzazione sessuale, o sentimentale. O si è intercettata una tendenza intergenerazionale, forse una necessità. O chissà, forse siamo entrati in Europa.

Fatto sta che il teatro resta l'attiva riflessione dell'uomo su se stesso, come ebbe modo di dire Novalis. Allora possiamo segnalare almeno due titoli in programma a Roma, veicoli di qualche spunto: Lo sposo può baciare lo sposo e Veleno, io di te faccio a meno.

Il primo è scritto dai giovani Francesco Arienzo e Renato Sannio. E' la storia di Ciro (il bravo Arienzo), un ragazzo innamoratissimo della sua Nadia (Sara Greco), tanto da volerle chiedere di diventare sua moglie. Il piano d'azione sembrerebbe perfetto: cena romantica, messaggio ramazzottiano poco subliminale (canzone “Ti sposerò perché” poi in loop nell'opera), dichiarazione in ginocchio e cofanetto con fedina. Nadia scappa, lasciando Ciro col fantasma di Ramazzotti e un coinquilino ingombrante, Alfio (Vito Ubaldini). Quando il commendatore Di Ronda (Federico Perrotta) rivendica la proprietà dell'appartamento, a Ciro non resta che rivolgersi ad un'avvocata alle prime armi (Veronica Pinelli), pronta a tutto pur di vincere una causa. Di qui l'equivoco: secondo l'avvocata, Alfio e Ciro si amano e vogliono sposarsi, l'omofobo commenda non potrà ostacolare il coronamento di un sogno.

Tutt'altra storia quella scritta da Roberto D'Alessandro. Si tratta dei retroscena di un salone di bellezza fallito, nonché della storia dell'amore e della convivenza dei suoi titolari, Pepè e Memè (rispettivamente lo stesso D'Alessandro ed Enzo Casertano). A saracinesche abbassate, i due visagisti amanti si vomitano in faccia rancori e delusioni, incarogniti dalle loro stesse acidità, perché la profondità di una ferita è direttamente proporzionale alla prossimità di una persona, e quando due persone si amano, arrivano a ferirsi a morte. Le tendenze sessuali non c'entrano. Questo almeno è il messaggio di “Veleno”, diretto, senza scomodare sociologi, psicologi, endocrinologi, sessuologi, linguisti e Chiesa cattolica.

Le due opere sono accomunate dalla sana arte di arrangiarsi, con un discreto escamotage per risolvere le questioni economiche. Se nel primo caso i due amici si fingono in coppia per sfruttare l'omofobia del proprietario di casa e strappare un contratto di locazione ad un prezzo agevolato, nel secondo la coppia non denuncia la morte di una madre per poterne riscuotere la pensione. Anche qui, il problema supera le teorie di genere.

“Lo sposo può baciare lo sposo” tratta con divertente delicatezza i cliché etero sul mondo omosessuale, li carica per smontarli e annullarli. “Veleno” esaspera quegli stessi cliché, costruisce battute al vetriolo, genera macchiette ed usa costumi vistosamente eccessivi, ritmando il tutto con una colonna sonora che spazia da Montserrat a Mercedes Sosa.

Due approcci diversi ad un tema tanto mainstream quanto poco chiaro, almeno se si continuerà a far scrivere copioni e ruoli di gay ai soli etero, rischiando di falsificare sentimenti e personaggi.
Commedie comunque da vedere, entrambe, per poter ridere sulle derive d'amore, più che sulle questioni di gender.  

Al Teatro de' Servi, via del Mortaro, 22. Fino al 10 maggio.
Veleno, io di te faccio a meno
scritto e diretto da Roberto D’Alessandro
con: Roberto D’Alessandro ed Enzo Casertano
aiuto regia: Paolo Orlandelli e Domenico Franceschelli
scene e costumi: Clara Surro
in video Antonio Losito e Andrea Carpiceci

Al Teatro dei Satiri. Fino al 3 maggio.
Lo sposo può baciare lo sposo
scritto da Francesco Arienzo e Renato Sannio
regia: Francesco Arienzo
con: Francesco Arienzo, Piero di Blaio, Sara Greco, Federica Perrotta, Veronica Pinelli, Marco Stabile, Vito Ubaldini

Maria Vittoria Solomita