
A colloquio con Giovanni Favero, co-autore del volume Raccontando Mogol (Edizioni Il Foglio 2014): in chiusura, il contributo di Gianni Bella.
Cosa possiamo trovare in nuce della poetica di Mogol nei testi delle sue primissime canzoni?
La ringrazio della considerazione , tuttavia è doveroso precisare che Gino Saladini ed io non siamo “esperti mogoliani”, ma semplicemente ascoltatori di canzoni e grandi estimatori dell’autore. Il nostro gioco di scrittura creativa, ispirare racconti brevi a canzoni, può farlo chiunque. Detto ciò, la ricerca interiore di un Dio semplice e vero da scoprire nella Natura, nella donna che si ama o anche nella fugace bellezza di alcuni momenti della vita è la costante tematica che riconosco alla scrittura di Giulio Mogol.
Che impatto hanno avuto poi le canzoni di Mogol-Battisti - sia quelle incise da Lucio che quelle interpretate da altri (Equipe 84, Dik Dik, Mina, Patty Pravo, ecc.) - nella cultura popolare italiana? E quelle che Mogol ha poi scritto per Riccardo Cocciante, Gianni Bella e Gianni Morandi?
Le parole di Giulio Mogol hanno un potere alchemico. In questi giorni stiamo presentando il libro in giro per l’Italia accompagnati da un bravissimo cantante e chitarrista che si chiama Alessandro Formenti, mi rendo conto quanto i testi di Mogol (non importa se mediati nella versioni discografiche da Battisti, Celentano, Dalla & Morandi o altri grandi interpreti) siano conosciuti a memoria e cantatati da tutti, è incredibile la forza con cui queste parole entrano a far parte dell’immaginario collettivo. I testi di Giulio Mogol sono inni nazionali che uniscono il Paese.
Cos'ha spinto Mogol a fondare il CET nel 1992?
Il Cet è un posto meraviglioso nel cuore dell’Umbria dove dovrebbe andare chiunque , un luogo meditativo. Penso che Mogol abbia voluto fondare la propria Scuola di musica pop in quel luogo non solo per dare una chance formativa a giovani con disparato talento - ovvero cantanti, musicisti, compositori, autori - ma per fare in modo che gli stessi riscoprano la propria persona ancor prima della potenzialità artistica.
Quali sorprese ci riserva ancora la carriera di Mogol secondo Lei?
L’entusiasmo e la creatività di Giulio Mogol sono variabili indipendenti dal fattore tempo. Suggerisco di andare semplicemente a leggersi i twitter di Mogol, aforismi quotidiani straordinari. Quindi, continuo ad aspettarmi, come sempre, sorprese letterarie di valore.

Chiudiamo questo pezzo con il contributo dello stesso Gianni Bella: “La collaborazione con Mogol affonda le sue radici nel lontano '81. Da sempre nei miei ricordi siamo Amici e Colleghi carichi di stima reciproca ed affetto, compagni di numerose e straordinarie avventure. Negli anni Ottanta incontro Mogol quasi per caso durante le partite d’esordio della Nazionale Cantanti. Nell'83, a pochi anni dall'inizio della nostra amicizia, siamo già all'opera con grandi lavori. La stampa e l'opinione pubblica parla di noi e l'entusiasmo cresce. Da allora una grande collaborazione fatta di scambi artistici, cene e pranzi, chiacchierate appassionate, canzoni scritte e poi buttate, poi riprese e finalmente consacrate alla discografia. Lavoravamo con passione e semplicità. La stessa semplicità delle cose immortali: per me le sue parole, e per lui le mie melodie ed i miei arrangiamenti. E così negli anni nascono dischi importanti, e si consolida un sodalizio che non finirà mai, e che farà parlare di noi anche in futuro. Scrivevamo per noi e per altri con la stessa passionalità. Il periodo più intenso fu quello che ci vide al lavoro con Adriano Celentano, e per tutti i grandi successi che per Adriano ho scritto. Da L’emozione non ha voce, certamente uno dei brani più celebri, ma anche L’Arcobaleno, Gelosia, Per averti ecc. Una bellissima collaborazione che ci ha visti fianco a fianco dal 2000 al 2009. Un’ottima dimensione artistica, indimenticabile. Lavoravamo come una sola persona un mix vincente tra composizione, voce ed autore testuale… Io, Adriano e Mogol.
Ed ancora oggi, a distanza di anni, resta vivo quel fuoco, anche quando, in tempi recenti, abbiamo deciso di cimentarci nell'Opera Classica. Una sfida che entrambi abbiamo accolto con la solita energia.
Sembrerà strano, potrei parlare di grandi successi, invece no! La mia più grande sfida con Mogol è ed e stata un'opera che ancora non ha visto ufficialmente la luce. L’Opera si intitola La Capinera, un vero e proprio melodramma classico, una mia realizzazione su un'idea di Giuseppe Fulcheri. Con la grande collaborazione di Mogol per le liriche, Geoff Westley per l’orchestrazione, e Giuseppe Fulcheri per il libretto, negli ultimi anni è nata una vera e propria avventura colossale, un’opera lirica in grande stile, con orchestra completa e coro… Insomma una grande fatica! L'Opera è finita, è stato un lungo lavoro che ha visti coinvolti numerosi professionisti nazionali ed internazionali. Avrebbe necessità di essere prodotta, ma in questi periodi di grandi tagli dovuti alla crisi, un'opera così monumentale ha difficoltà ad essere messa in scena. Tuttavia abbiamo un team di collaboratori forti, capitanato da mia figlia Chiara, e stiamo valutando varie proposte. Ma siamo certi che a breve arriverà su un palco. E anche in questo Mogol è con me, attento e attivo come sempre.
Giulio è uno dei pochi che ho sempre considerato geniale. Le sue composizioni testuali sono sempre state una certezza per me, ed hanno sempre accompagnato la mia creatività. Ma questo è solo uno dei motivi per cui ammiro Mogol... Il resto è legato al nostro rapporto di amicizia e simpatia umana. Giulio è un uomo di cuore, e soprattutto una persona oltre misura corretta ed onesta. Qualità rare oggi. In altre parole: non c'è stato mai un momento in cui abbia perso la fiducia in lui. E sono certo che non verrà mai un simile momento. Sono quelle amicizie cha vanno oltre i confini del tempo”.